Contro il Coronavirus: un antidoto è la ricerca al femminile

In questo momento quanto mai complicato, la scienza svolge un ruolo primario nella nostra quotidianità. Speriamo si possa vincere contro il Coronavirus. Stiamo facendo tutti il tifo per la ricerca. Viviamo nell’eterna speranza che si giunga presto, alla scoperta di un vaccino che possa contrastare il nemico di questa nostra guerra.

vIn passato avevamo intervistato Sara Sesti, docente di Matematica, aderente all’Associazione “Donne e Scienza”, nonché autrice, insieme a Liliana Moro, del libro “Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie”, edito da Ledizioni, 2020.

L’abbiamo contattata di nuovo, e le abbiamo chiesto di fare luce su alcuni aspetti (forse un po’ troppo taciuti) legati al contributo che le ricercatrici stanno dando. Combattono in prima linea contro il Coronavirus e contro il tempo.

 

Una delle prime notizie a fare scalpore, quando ancora qui in Italia la situazione era controllabile, ha riguardato un équipe al femminile, meritevole di aver isolato il virus.

Abbiamo chiesto a Sara Sesti cosa ne pensasse:

«Le donne che hanno isolato e sequenziato il Coronavirus a Roma e a Milano sono state definite dalla stampa “angeli dei laboratori”. Una definizione retorica che andrebbe sostituita con “ottime ricercatrici. 

Quando la scienza ci tirerà fuori da questa brutta situazione e dichiarerà superata l’emergenza potremo fermarci a riflettere con attenzione su un elemento che è emerso prepotentemente in queste settimane: il ruolo decisivo avuto dalle donne nel superare questa situazione eccezionaleA mente fredda, potremo pensare con pacatezza a quello che sembrerebbe un vero successo delle pari opportunità. Invece, fa emergere un’amara realtà sulle loro condizioni di lavoro. 

Il mese scorso tutta Italia ha potuto apprezzare il lavoro eccellente delle tre ricercatrici dell’Ospedale Spallanzani di Roma: Maria Rosaria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti. Sono riuscite in poco tempo a isolare il virus in laboratorio.

Peccato, però, che quello che sembra un esempio di pieno rispetto delle pari opportunità si è trasformato, invece, in una pagina di evidenti disparità.

Lavoro e dis-pari opportunità

Sara Sesti prosegue:

“Per raggiungere i loro ambiziosi traguardi, infatti, queste donne hanno dovuto faticare il doppio o il triplo dei loro colleghi uomini. Hanno incontrato ostacoli incredibili. 

Mentre tutta Italia era orgogliosa di loro, si scopriva che erano dipendenti precarie dell’ospedale, tanto che una delle ricercatrici è stata assunta solo nei giorni scorsi. Il loro risultato è frutto di determinazione, impegno e passione per il loro lavoro. 

Anche il team dell’Ospedale Sacco di Milano che ha isolato e sequenziato il ceppo italiano del coronavirus è composto di ricercatrici: Alessia Lai, Annalisa Bergna e Arianna Gabrieli. La più giovane di loro non ha nemmeno trent’anni, la più “anziana” quaranta. Tutte e tre sono precarie. Una situazione davvero inaccettabile

Inutile dire che l’idea di base sarebbe quella di insistere su maggiori investimenti nella ricerca, che permettano di assumere più personale a tempo indeterminato. Così sarebbero più rare le situazioni di precariato a cui si assiste normalmente.”.

 

Sara Sesti, ci ha, inoltre, aperto gli occhi su quelle caratteristiche, traducibili in doti e in virtù che spesso tornano utili alle nostre scienziate, contro il Coronavirus e non solo.

«La dottoressa Annalisa Malara ha smascherato il Coronavirus nel paziente 1 di Codogno con un metodo particolare: “il pensiero divergente”. L’intuizione e il coraggio di assumersi la responsabilità di trasgredire i protocolli

“Quando un malato non risponde alle cure normali, all’università mi hanno insegnato a non ignorare l’ipotesi peggiore. Mattia si è presentato con una polmonite leggera, ma resistente ad ogni terapia nota. Ho pensato che anch’io, per aiutarlo, dovevo cercare qualcosa di impossibile.

Mi sono trovata al posto giusto nel momento giusto, o forse in quello sbagliato nel momento sbagliato”.  

Annalisa Malara, 38 anni, anestesista di Cremona, è il medico dell’Ospedale di Codogno che ha cambiato la vita di tutti con un’idea folle.

Ha intuito che la polmonite di Mattia era in realtà un effetto del Coronavirus. In poche ore lui si è trasformato nel paziente 1 in Italia e lei ha scoperto di essere la medica che ha individuato il focolaio italiano.».

 

A volte, quindi, è anche necessario andare controcorrente, sostenere fermamente i propri principi e le proprie intuizioni. Regola, questa, che dovrebbe essere adottata in ogni situazione, ma che può diventare preziosa e determinante quando si lotta contro il Coronavirus e si parla di scienza e ricerca.
Lucia Giannini

Lucia Giannini

Lucia Giannini, da sempre con la passione per la scrittura e gli eventi culturali, un binomio che mi permette di dare libero sfogo alla mia necessità comunicativa.

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