Cerchio degli uomini lotta contro la violenza al fianco delle donne

Lo scorso 27 febbraio 2021 l’Associazione Cerchio degli Uomini ha organizzato una passeggiata per le vie del centro di Torino allo scopo di sensibilizzare la collettività sul tema della violenza contro le donne e l’omofobia.

Il contesto in cui viviamo è: 12 donne uccise dall’inizio dell’anno e nessun uomo a manifestare, protestare e chiedere aiuto. La giornalista Milena Gabanelli provoca gli uomini in un tweet e il Cerchio degli Uomini risponde.

Allora ho deciso di scoprire chi sono questi maschi che si siedono in cerchio in Piazza Castello e perché la loro camminata non ha avuto molto successo.

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Cerchio degli Uomini

Il Cerchio degli Uomini è un’associazione nata nel 1999 da un gruppo di uomini che desideravano confrontarsi sulle loro difficoltà e sofferenze. Durante gli incontri si disponevano in cerchio per parlare del rapporto con i padri, le figlie, le compagne e dei loro atteggiamenti prevaricanti e competitivi.

Dal 2004 l’esperienza accumulata in questo modo permette loro di partecipare a interventi pubblici e di organizzare spettacoli sul tema della violenza. Così iniziano le collaborazioni con le istituzioni.

Inoltre, grazie alla formazione specifica nelle relazioni di aiuto e a quella sul contrasto alla violenza di genere, nel 2009 nasce il primo Sportello d’accoglienza dei maltrattanti.

Per parlare di ciò che fanno da più di 10 anni, ho incontrato virtualmente Fabrizio De Milato. Il segretario, operatore e formatore del Cerchio degli Uomini, nonché gestalt counselor ha risposto alle mie domande con cortesia e sincerità.

 

Di cosa si occupa il Cerchio degli Uomini?

Come associazione ci impegniamo per promuovere il rispetto della diversità, dell’ambiente e per un maschile che vada oltre le modalità prevaricanti a favore di nuovi sistemi relazionali.

Come centro di ascolto del disagio maschile e prevenzione della violenza verso le donne e i minori, forniamo uno sportello di accoglienza per i maltrattanti, conduciamo gruppi psico-socio-educativi che favoriscono il riconoscimento della violenza, dei danni che provoca e nuove modalità nelle relazioni.

Oltre a questo, offriamo sostegno nella paternità. Ci occupiamo di formazione in ambiti specifici. Collaboriamo con la giustizia minorile. Conduciamo laboratori nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Partecipiamo ad eventi per sensibilizzare su questi temi. Probabilmente facciamo anche altro, ma sono già stato logorroico.

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Cerchi di condivisione Cerchio degli Uomini

Come fanno a rivolgersi a voi i maltrattanti? Devono aver già capito di essere responsabili?

A volte per una presa di coscienza personale, altre su invito o imposizione di compagne o familiari. In questo momento sono inviati anche da istituzioni o avvocati. Non necessariamente hanno già capito di avere delle responsabilità, anzi in genere non riconoscono di aver usato violenza o la sminuiscono.

Perché è necessaria un’associazione maschile che faccia acquisire consapevolezza verso la necessità di un rapporto paritario con le donne?

Direi che è necessario prendersi le proprie responsabilità.

Non si può demandare a qualcun altro di fare il lavoro anche per gli uomini. E’ importante dare esempi differenti, soprattutto ai giovani, per non lasciare che vedano solo gli uomini “forti” dei film o della famiglia, almeno in alcuni casi.

La violenza è dannosa per chi la subisce, ma anche per chi la attua.

Serve per iniziare ad interrompere una trasmissione di certe modalità che apprendiamo sin da piccoli. Non si può pensare solo a riparare i danni che causa, ma anche a prevenire. Per questo portiamo il nostro lavoro nelle scuole e ai giovani.

 

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In concreto come si interrompe questa trasmissione?

Non giustificando più gli agiti violenti, offrendo esempi diversi, insomma cambiando la cultura e la società.

 

Perché la camminata dello scorso 27 febbraio del Cerchio degli uomini non ha avuto successo?

Non ci illudevamo di poter essere molti, dall’idea a farla è passato pochissimo tempo.

Dopo le chiusure causa Covid la gente ha voglia di vita all’aperto e di leggerezza, questo per inquadrare il contesto.

Poi certi temi tendiamo ad evitarli, forse perché toccano parti di noi che non possiamo accettare, la nostra richiesta era e rimane quella di mettersi in gioco, riconoscersi parte di questo sistema patriarcale, quanti uomini sono disposti ad ammetterlo?

Pochi. È più semplice allontanare i dubbi chiedendo pene severe per i “mostri”, quelli che picchiano o uccidono!

Personalmente mi è capitato di fare volantinaggio per uno sportello che accoglie le donne, le persone si avvicinavano curiose per poi “scappare” una volta capito di cosa parlavamo. È più semplice far finta di non vedere, magari vogliamo risposte, ma non vogliamo essere coinvolti.

Aggiungo che i media, pur riportando dei messaggi in cui non sempre ci ritroviamo, hanno dato spazio a iniziative come la nostra. Non è molto, ma è già qualcosa.

 

Cosa ritiene che debbano fare le istituzioni e il mondo culturale per cambiare questo sistema patriarcale?

Dedicare attenzione all’argomento, educare i bambini ad una parità di genere sin dall’infanzia. Non lasciare sole le associazioni che si occupano di contrasto alla violenza e dedicare risorse economiche.

 

Luciana Spina

Luciana Spina

Luciana Spina, tante cose, ma qui soltanto blogger. Adoro osservare la realtà. Lo spirito critico e la concretezza sono, nel bene e nel male, le mie caratteristiche.

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