Maltrattamenti, potreste essere colpevoli anche se litigate solo con il partner

Durante un acceso litigio con il vostro partner vi siete mai fermate un momento a chiedervi se state causando dei danni ai vostri figli? No? Forse dovreste farlo. Il crearsi di un clima di sofferenza insostenibile dovuto ai maltrattamenti psico-fisici a cui i bambini assistono, può cagionare dei danni a questi ultimi. Per porre rimedio a questa situazione il codice penale prevede il reato di “Maltrattamenti contro i familiari o i conviventi” all’art. 572. La punibilità però, dipende da due condizioni:

  • I comportamenti vessatori si devono protrarre per un certo lasso di tempo;
  • Gli atti che integrano la condotta devono essere tali da creare un clima di vita familiare vessatorio, mortificante e insostenibile.

Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione, VI Sez. Penale depositata in cancelleria lo scorso 23 febbraio 2018.

Nei fatti cosa è accaduto?

I bambini di una coppia di genitori conviventi hanno assistito come spettatori passivi alle violente dispute intercorse tra la mamma e il papà.

Il Tribunale di Pistoia, giudice di primo grado, condanna i genitori del reato di Maltrattamenti contro i familiari o i conviventi in quanto colpevoli di aver danneggiato i figli facendoli assistere alle loro violente dispute.

La madre impugna la sentenza del Tribunale che l’ha condannata.

La Corte d’Appello di Firenze, in secondo grado, riforma parzialmente la sentenza del Tribunale rideterminando la pena inflitta alla madre. La pena diviene più mite perché il consulente tecnico che non ha rilevato nei minori alcun segno di disagio familiare.

La decisione della Corte di Cassazione

La madre dei due bambini propone ricorso, in Cassazione, contro la sentenza di secondo grado ed ottiene una decisione di annullamento della sentenza impugnata perché il reato di maltrattamenti contro i familiari o i conviventi di cui all’art. 572 c.p. è estinto per prescrizione.

Ciò nonostante i giudici della Suprema Corte non si lasciano scappare l’opportunità di spiegare di quale reato parliamo. In primo luogo evidenziano come la norma del codice penale sia stata prevista per dare una forma di protezione a tutti coloro che fanno parte della sfera familiare e che possono subire un pregiudizio alla propria integrità psico-fisica a causa dei comportamenti aggressivi maturati nel contesto familiare stesso.

Il comportamento che integra il reato può essere dato anche da atti che di per sé non costituiscono reato purché diano luogo a vere e proprie sofferenze morali. Esso può essere ricondotto anche ad atti di sopraffazione di vario genere inseriti in una situazione generale in cui le persone subiscono il potere esercitato dal soggetto attivo.

Le vessazioni devono essere reiterate nel tempo, ma non necessariamente un tempo lungo.  È infatti sufficiente anche un breve lasso di tempo di atti vessatori per causare lo stato di sofferenza psico-fisico richiesto dalla norma per poter parlare di reato.

Inoltre vi deve essere la coscienza e la volontà di sottoporre la persona di famiglia in un’abituale condizione di sofferenza.

Tutto ciò premesso, i figli, spettatori inconsapevoli di situazioni conflittuali, diventano soggetti maltrattati quando ricorrono in loro stessi condizioni di sofferenza tali da riportare danni alla propria integrità psico-fisica.

Innescare litigi furiosi, contribuire all’instaurazione di un clima familiare altamente conflittuale può renderci colpevoli di quello che mai vorremmo fare: creare danni e problemi ai nostri figli. Fermiamoci prima e impariamo a gestire ogni genere di conflitto, anche i bambini ci ringrazieranno.

 

Luciana Spina

Luciana Spina

Luciana Spina, tante cose, ma qui soltanto blogger. Adoro osservare la realtà. Lo spirito critico e la concretezza sono, nel bene e nel male, le mie caratteristiche.

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