Vera e Libera Arduino, scuola e stele non bastano per ricordarle

L’inizio di un nuovo anno porta con sè pensieri e un po’ di nostalgia. Ho avuto modo di pensare, anzi ripensare al passato, in particolare alla mia adolescenza e al tempo trascorso a scuola. Frequentavo un istituto nella collina torinese. Mi piaceva studiare e adoravo quel luogo. Frequentavo l’I.T.C. Vera e Libera Arduino.

La memoria va allenata, sia quando va sfruttata per immagazzinare nozioni, sia quando va usata per elaborare qualcosa di sé.

Bisogna essere dei veri ed appassionati studiosi di storia per scovare dediche, pietre d’inciampo e stele. Bisogna cogliere gli indizi, a volte nascosti, di una città ferita per ricordare le vicende di chi ha perso la vita per rendere tutti noi liberi.

Ebbene, insieme al mio amico Gabriele Richetti, ideatore e curatore del blog ilvasoditerracotta.com rispolveriamo la storia delle due sorelle partigiane. A loro è dedicata la mia scuola superiore e non solo. Scopriamo così, che anche la periferia torinese dedica a Vera e Libera Arduino un piccolo monumento e noi le celebriamo come meritano.

ITC VERA E LIBERA ARDUINO

La stele commemorativa di Vera e Libera Arduino è in Corso Lecce n. 85

Nevica, mentre cammino infreddolito lungo Corso Lecce. Ho appena superato l’incrocio con Corso Appio Claudio, affondando maldestramente un piede dentro una pozzanghera.

Ho letto di una lapide posata nello stretto giardino tra il corso e il controviale, davanti al civico 85, silente testimonianza dei momenti bui e velenosi della guerra civile post armistizio. Arrivo alla lapide e leggo i due nomi che vi sono incisi: Vera e Libera Arduino.

Vera nasce a Torino il 15 gennaio 1926, è operaia alla Wamar, un’azienda dolciaria cittadina, oltre che staffetta partigiana tra il quartiere Barriera di Milano, dove vive insieme alla famiglia in Via Moncrivello, e le montagne.

Libera nasce il 13 settembre 1929, lavora all’industria meccanica Castagno e, come la sorella, svolge compiti attivi di assistenza verso le famiglie dei partigiani uccisi o imprigionati. Sono ragazze del loro tempo, che amano cantare e trascrivere sui quaderni i testi delle canzoni famose.

La sera del 12 marzo del 1945 sentono bussare alla porta. E’ Rosa Ghizzone, partigiana amica di famiglia. In casa ci sono i genitori Gaspare e Teresa, i loro quattro figli (Vera, Libera, Bruna e il piccolo Antonio), e due amici antifascisti, Aldo De Carlo e Alberto Ellena. Rosa riferisce a Gaspare che in strada, con suo marito Pierino Montarlo, ci sono due persone che vogliono raggiungere le montagne.

L’inganno e la brutalità squarciano quella notte di inizio primavera: grazie allo stratagemma, gli sconosciuti entrano in casa, rivelandosi Brigate nere.

I presenti, ad eccezione di Teresa e dei due figli piccoli, vengono portati via. La tragedia è appena iniziata e già sta per concludersi: Teresa passerà la notte a cercare nelle caserme il marito e le due figlie. Saprà soltanto più tardi che i tre sono stati giustiziati poche ore dopo l’arresto, in zone diverse della città.

Gaspare in Corso Belgio, le due sorelle vicino alla Pellerina. Con un colpo alla nuca.

La stele di Corso Lecce è un doveroso omaggio a due ragazze poco più adolescenti che hanno avuto chiaro, sin da subito, come agire, cosa fare.

Con coraggio sono state Vera e Libera.

L’immagine di copertina è tratta dal sito museotorino.it

Luciana Spina

Luciana Spina

Luciana Spina, tante cose, ma qui soltanto blogger. Adoro osservare la realtà. Lo spirito critico e la concretezza sono, nel bene e nel male, le mie caratteristiche.

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