Cittadinanza italiana: il ritorno alle origini

La possibilità di avere la cittadinanza italiana, di cercare le origini dei miei antenati, di conoscere la loro cultura e il loro modo di vivere, nonché l’Italia, erano sogni che avevo sin da molto piccola. La cittadinanza italiana può essere ottenuta dai discendenti di cittadini italiani. Si chiama cittadinanza jure sanguinis. Ora, entrambi i miei genitori sono discendenti: erano italiani i nonni di mia mamma e i trisnonni di mio papà.

Quindi, potevo avere anche io la cittadinanza italiana.

La consapevolezza di poter avere la cittadinanza italiana è arrivata in età quasi adulta. Le motivazioni per cui sognavo l’Italia fin da bambina sono semplici e legate alla nostra vita famigliare.

 

La mia storia

A casa mia, oltre a riso e fagioli (piatto principale per molti brasiliani) si mangiava spesso la “macarronada”, ossia gli spaghetti al pomodoro, per intenderci.

Ogni domenica le mie nonne si alternavano nel preparare la pasta fresca per il pranzo: una volta le lasagne o le tagliatelle, un’altra i cappelletti.

I miei nonni, invece, spesso intonavano canzoni italiane famose, inni in dialetto e – ahimè – ogni tanto scappava anche qualche parolaccia.

Man mano che crescevo, mi interessavo sempre di più alle origini della mia famiglia e, di conseguenza, alla possibilità di avere la cittadinanza italiana.

Volevo sapere di più sui miei antenati: da dove venivano, come erano arrivati, perché avevano scelto di lasciare il loro paese per andare in Brasile. Un Brasile per loro lontano e sconosciuto: siamo alla fine del secolo XIX. Nonostante esistessero già strumenti come il telegrafo e il telefono, la comunicazione era ancora molto difficile.

 

I 100 anni del bisnonno Romanato

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Un evento che contribuì decisamente a spingermi a cercare le mie origini fu il 100° compleanno del mio bisnonno. Domenico Romanato compì un secolo di vita il 3 febbraio 1979. Per quella occasione, i suoi figli e i suoi nipoti organizzarono un’enorme festa, con circa mille invitati tra parenti e amici. Affittarono un ristorante italiano, il Demarchi (conosciuto anche come San Judas Tadeu), nella città di San Bernardo do Campo, vicino a San Paolo. Il ristorante, che purtroppo chiuse i battenti nel 2016, era famoso per i piatti tradizionali italiani e per essere uno dei più grandi ristoranti del Brasile (si estendeva per 16.000 mq).

L’invito della festa, oltre alle informazioni necessarie per arrivarci, conteneva una piccola mappa di Verona dove era segnata la città natale del mio bisnonno: Cerea. Quella mappa rimase stampata nel mio cuore: soprattutto quando cominciarono ad arrivare i parenti italiani, venuti appositamente per i festeggiamenti. Erano 30 persone, cinque o sei famiglie.

Arrivavano allegri, emozionati di conoscere i loro parenti brasiliani, discendenti dallo stesso avo rimasto in Italia. Vedere quelle persone mi fece immaginare come sarebbe stato fare la strada inversa: tornare alle mie origini e scoprire da dove venivano.

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Imparare la lingua

Come primo passo per avviarmi alle mie origini e cercare di ottenere la cittadinanza italiana, mi impegnai a studiare l’italiano. Mi sembrava ovvio: se fossi andata in Italia, non potevo non comunicare. Iniziai con un’insegnante privata, di origini italiane anche lei.

Il bello di imparare da una persona nata e cresciuta in Italia era che mi insegnava non solo la lingua, ma anche le tradizioni, il modo di vivere. Imparai per esempio che la colazione è fondamentalmente dolce: cappuccino e brioches.

 

I documenti degli antenati

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Intanto che imparavo l’italiano, cominciai a cercare i documenti dei miei avi, insieme a mia cugina Camila. Decisi di seguire la linea paterna, quindi della famiglia Braghiroli. La prima traccia che trovammo fu un taccuino del mio bisnonno, Jacomo Braghiroli, che raccontava l’arrivo dei suoi genitori da Mantova alla fine del secolo XIX. Che bello, i miei avi venivano tutti dall’Italia, e addirittura da due città molto vicine, nonostante siano in due province e regioni diverse: Mantova (MN) e Cerea (VR) distano soltanto 40 km l’una dall’altra!

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Il primo viaggio in Italia

Nel 2005 finalmente venni in Italia per la prima volta, e decisi di seguire le tracce più in fondo. Dovevo trovare gli atti di nascita e di matrimonio del mio trisnonno, Ciro Braghirolli, che si era trasferito in Brasile alla fine del secolo XIX, come raccontava suo figlio Jacomo nel taccuino. Per compiere questa impresa, oltre alle città più famose, come Firenze, Roma e Venezia, e altri posti meravigliosi come Assisi e Capri, inclusi nel mio itinerario Mantova e Verona.

La mia insegnante di italiano aveva una cugina proprio a Mantova, e sapendo delle mie intenzioni la contattò. Questa simpatica signora si mise subito a disposizione per aiutarmi e accompagnarmi dove fosse necessario.

Andai a Mantova e la incontrai alla stazione ferroviaria: che grande emozione arrivare in quella città!

Ci recammo subito al Comune, per chiedere informazioni sui documenti del mio trisnonno, ma non trovarono nulla.

Siccome la data di nascita era molto antica (3 marzo 1870), ci consigliarono di cercare tra i documenti dell’Archivio Diocesano. Non trovammo niente nemmeno lì.

Allora capii che il mio trisnonno, molto probabilmente, non nacque nella città di Mantova, ma in un’altra della provincia dello stesso nome. E ricominciai da capo.

 

Il secondo viaggio in Italia – quello “definitivo”

Tornata a San Paolo, continuai le ricerche del mio albero genealogico, ma non riuscivo a scoprire in quale comune era nato il mio trisnonno. Passato qualche mese, dopo lunghe riflessioni e ore di discorsi con i miei genitori, mi licenziai dal mio lavoro, vendetti la mia macchina e presi i biglietti. Mi iscrissi a una scuola di italiano a Firenze, trovai sistemazione presso una famiglia e preparai i bagagli. Tornai in Italia nell’aprile del 2006, questa volta decisa a trovare tutti i documenti che mi servivano.

Mentre studiavo italiano a Firenze, ospitata dalla famiglia Stanghellini, proseguivo con le mie indagini. Con l’aiuto di altri brasiliani, impegnati anche loro a ritrovare i documenti dei propri antenati, ebbi i recapiti di una signora che offriva assistenza per queste ricerche, a pagamento. Dopo alcune resistenze, dovute al fatto che volevo  trovare io stessa quei documenti, la contattai. In meno di una settimana lei aveva già trovato il Comune dove nacque il mio trisnonno: San Benedetto Po. Fece la richiesta e qualche giorno dopo mi arrivarono il certificato di battesimo (equivalente all’atto di nascita, che il quel comune non c’era ancora nel 1870) e il certificato di matrimonio.

 

La cittadinanza italiana

Tornai in Brasile e mi impegnai allora a trovare i documenti dei miei antenati paterni nati in Brasile: atti di nascita, matrimonio e morte, fino ad arrivare a me. Preparai tutti i documenti, come richiedeva la legislazione: traduzione giurata e legalizzazione presso il Consolato Italiano a San Paolo.

Ancora una volta, preparai i bagagli e mi trasferii in Italia. Questa volta a Torino, questa volta senza prendere il biglietto di ritorno e sono ancora qui perché sono una cittadina italiana!

 

Come procedere

Per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana jure sanguinis è necessario innanzi tutto stabilire residenza in un comune italiano e dimostrare, tramiti i documenti di stato civile, di essere discendente di un cittadino italiano.

La preparazione dei documenti per un cittadino brasiliano, per esempio, è cambiata rispetto a quando l’ho fatta io. Dal 14 agosto 2016 è entrata in vigore per il Brasile la Convenzione dell’Aja del 1961: la legalizzazione degli atti pubblici brasiliani è stata sostituita dello strumento dell’Apostille.

Le prassi sono praticamente le stesse nei Comuni dove è possibile fare la richiesta, ma in ogni caso è meglio informarsi prima di iniziare la pratica. Per esempio, nel Comune di Firenze è necessario avere il permesso di soggiorno, mentre a Torino questo non è necessario se la pratica della residenza viene avviata entro i 90 giorni del permesso di soggiorno turistico.

I documenti da presentare sono: per l’avo italiano (persona nata in Italia), atto di nascita o certificato di battesimo con legalizzazione della Curia Vescovile, atto di matrimonio di Stato Civile e certificato di naturalizzazione; per i discendenti dell’avo italiano nati all’estero, incluso il richiedente, atto di nascita, atto di matrimonio di Stato Civile e eventuale sentenza di divorzio. I documenti esteri devono essere presentati in versione integrale originale, legalizzati dal Consolato italiano competente o muniti di Apostille (nel caso in cui il proprio paese abbia aderito alla Convenzione dell’Aja) e tradotti in lingua italiana (la traduzione eseguita all’estero deve essere ugualmente legalizzata o munita di Apostille, se invece è eseguita in Italia deve essere asseverata presso la Cancelleria di un Tribunale italiano).

All’istanza per il riconoscimento della cittadinanza deve essere applicata una marca da bollo da 16 euro.

Ci vuole impegno, pazienza, anche tanti sacrifici. Se a tutte queste condizioni si aggiunge la passione per le origini e per il paese, per la cultura e per il cibo italiani, la strada verso la cittadinanza si percorre con molto più entusiasmo.
Leggi anche: come mi sono trovata a fare la “mamma brasiliana” in Italia.

Marcia Braghiroli

Marcia Braghiroli

Marcia Braghiroli, 48 anni, giornalista. Ho conseguito la laurea in Scienze della comunicazione in Brasile. Sono anche mamma, consulente alla pari per l’allattamento e catechista. Ho sempre scritto con passione: imparare a farlo in italiano è stata la mia grande sfida, ma anche una bella soddisfazione.

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