Povertà mestruale non solo economica, anche culturale!

La povertà mestruale è l’impossibilità economica di acquistare prodotti per l’igiene durante il ciclo mestruale. In tutti i paesi del mondo ci sono donne che non riescono a provvedere all’acquisto di questi beni perché sono troppo cari.

Le donne che vi rinunciano sono di conseguenza costrette a non uscire di casa per recarsi al lavoro, a scuola o al bar con le amiche. Di fatto viene impedita loro la vita sociale!

Sono infatti, pochissimi i paesi in cui è stata completamente abolita la tampon tax. Discorso analogo per quelli in cui la distribuzione di assorbenti o tamponi è gratuita almeno nelle scuole.

Molto del sostegno è demandato ad associazioni senza scopo di lucro che, come è facilmente intuibile, non riescono ad aiutare tutte le donne in difficoltà.

La povertà mestruale è anche culturale

La povertà mestruale, a mio avviso, non può essere identificata solo in chiave economica. Dilaga anche una grave forma di povertà culturale.

Per povertà mestruale culturale intendo l’ignoranza o l’incapacità di affrontare il tema delle mestruazioni nella comunicazione, quindi nei rapporti umani, in modo consapevole e con nozioni realistiche non fondate su stereotipi.

Essa è propria degli uomini che per loro natura non sanno come gestire il ciclo mestruale.

È degli uomini che anziché tacere perché non sanno e non possono sapere cosa significa avere le mestruazioni commentano i post di Francesca Michielin con frasi sessiste.

Svuotano di gravità il fatto che l’Iva sui prodotti mestruali resta al 10% e fanno i conti in tasca alle donne che spendono molto più della media per i prodotti per l’igiene.

La povertà mestruale di origine culturale appartiene anche alle donne che non credono le altre donne.

Moltissime di noi restano indifferenti o peggio ostacolano le lotte portate avanti da tutte quelle che, a causa delle mestruazioni, soffrono in modo indicibile.

Tutto ciò avviene ancora perché è ritenuto normale soffrire per una donna, ma

nessuna sofferenza è normale!

La povertà culturale al lavoro o a scuola

La povertà mestruale culturale interferisce anche nei rapporti di lavoro.

I giorni di mutua o di permesso usati a causa della sofferenza di cui parlavo prima, non sono riconosciuti come giustificazione dell’assenza.

Colleghi/e e/o datori di lavoro sovente, etichettano come lavativa la lavoratrice nel periodo mestruale.

Negli ambienti educativo-formativi, dove la cultura dovrebbe essere alimentata e orientata all’accoglienza delle più disparate problematiche, c’è ancora scarsa informazione sulle tematiche legate allo sviluppo della consapevolezza del proprio corpo.

Così, anziché ritenere normale il periodo mestruale e far sì che questo sia vissuto positivamente sia dalle ragazze sia dai ragazzi, assistiamo ancora a figlie che chiedono assorbenti giganti per non sporcarsi o maglie più grandi del dovuto per coprire la potenziale macchia sui pantaloni.

Assistiamo impotenti a compagni indifferenti dinanzi al mal di pancia della compagna di turno o allo scherno e a insegnanti che non sono in grado di gestire queste dinamiche.

Figuriamoci poi se nei servizi igienici potranno mai essere installati distributori di assorbenti per evitare che chi è in grave difficoltà economica salti le lezioni perché non può permettersi l’acquisto degli assorbenti.

Restiamo indietro, almeno ammettiamolo senza alcuna ipocrisia!

Luciana Spina

Luciana Spina

Luciana Spina, tante cose, ma qui soltanto blogger. Adoro osservare la realtà. Lo spirito critico e la concretezza sono, nel bene e nel male, le mie caratteristiche.

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