Allattamento non riuscito, la storia di Tatiana

Questa volta vi racconto una storia di allattamento non riuscito, a complemento di un articolo che ho scritto un anno fa, in prossimità delle feste. Il titolo era Cosa può mangiare la mamma che allatta al seno? La risposta è tutto. La vicenda riguarda una mamma a me molto vicina: mia sorella.

Mia sorella si è impegnata molto per scrivere questo pezzo perchè ha dovuto affrontare tanto dolore che riaffiorava. Io, nel tradurlo e trascriverlo, ho provato lo stesso sentimento visto che sono anch’io una mamma, una sostenitrice dell’allattamento, e purtroppo non sono riuscita ad aiutarla. L’allattamento non riuscito, però, ha tanto di soggettivo. La nostra intenzione non è scoraggiare le neomamme, anzi, incentivarle a cercare sempre un aiuto conforme alle loro esigenze e capace di incontrare le loro aspettative.

Dopo anni come mamma alla pari, parlando con altre consulenti, abbiamo ipotizzato che la probabile causa dell’allattamento non riuscito di mia sorella fosse il frenulo corto dei suoi bambini. Un problema non tanto diffuso, ma di facile soluzione.

Vi racconto la mia storia di allattamento non riuscito.

Mi chiamo Tatiana, ho 41 anni e ho tre figli: Joao (11 anni), Alice (8) e Davi (5). Quando rimasi incinta per la prima volta avevo 29 anni. Sebbene fossi la più giovane di tre fratelli, fui la prima ad avere un bambino. Joao è stato il primo nipote anche nella famiglia di mio marito, che è il più grande di tre fratelli. La gravidanza non è stata pianificata, ma dal primo momento Joao fu molto amato e atteso, e non avrei mai immaginato di affrontare un allattamento non riuscito.

allattamento non riuscito

 

Fu una gravidanza tranquilla che mi permise di lavorare fino a 10 giorni prima del parto. Durante la gravidanza, non mi preoccupai mai di come sarebbe stato dopo la sua nascita, perché sapevo che sarebbe stato circondato dall’amore e dalla cura di cui avrebbe avuto bisogno. Pensavo che tutto sarebbe successo naturalmente, specialmente per quanto riguarda l’allattamento: il bambino nasce, tu lo attacchi al seno e lui ciuccia… semplice! Poiché non avevo riferimenti di altre esperienze di allattamento tra famiglia e amici, non mi rendevo conto di quanto sarebbe stata difficile quella missione e che avrei potuto fallire nel mio primo allattamento.

Appena lo ebbi tra le mie braccia, dopo un cesareo, iniziai ad allattarlo, ma lui piangeva troppo. Nei primi quattro giorni a casa, pensavo di impazzire… Lui stava attaccato al seno giorno e notte. Si addormentava per un massimo di mezz’ora e si riattaccava. Cercai un pediatra, che mi disse che il mio bambino aveva le coliche, e non solo: che le coliche erano causate da ciò che mangiavo! Mi diede una dieta ristrettissima per non fargli più del male. Feci esattamente quello che mi disse (se mi avesse detto di mangiare erba, certamente l’avrei fatto), ma non servì a nulla, lui continuava a piangere.

In quei primi sette giorni, senza dormire, seguendo la dieta che il dottore mi aveva prescritto e allattando Joao al seno 24 ore su 24, dimagrii così tanto che pesavo meno di quando rimasi incinta. Quando lui aveva 12 giorni, andai da un altro pediatra, che lo guardò e disse: “Il tuo bambino è sottopeso, piange perché ha fame!”

Pensai, “come è possibile, se è sempre attaccato al seno, lo allatto a richiesta!”. Il pensiero che il mio bimbo fosse affamato mi fece piangere fino all’esaurimento. Pesandolo, il nuovo pediatra ribadì: il calo di peso era superiore a quello normale dopo la nascita, e lui era entrato in una curva di rischio.

Mio marito ed io prendemmo una decisione difficile: dargli l’aggiunta, perché Joao doveva riprendere peso immediatamente. Inoltre, il pediatra chiese alcuni esami per assicurarsi che non avesse disturbi che gli impedivano di ingrassare, ma gli esiti erano normali. A quel punto, mi disse di continuare l’allattamento e l’aggiunta con il biberon fino a quando non avesse preso peso e fosse stato in grado di nutrirsi solo al seno. E così feci.

Quando aveva poco più di un mese, Joao iniziò a rifiutare il seno: piangeva e respingeva il capezzolo, fino a quando non l’ha più voluto. Mi dissero che era naturale che ciò accadesse, perché dal biberon il latte usciva più facilmente e senza che lui dovesse sforzarsi troppo per ciucciare. Ero molto triste, ma accettai l’accaduto, perché sapevo di aver fatto tutto il possibile nei limiti di quello che sapevo all’epoca.

La seconda gravidanza

allattamento non riuscito

Negli anni successivi, nacquero quattro nipoti, e seguii da vicino le vicissitudini di ognuno. In particolare, una delle mie nipote, Sara, nacque da un cesareo. Mia sorella era sotto anestesia totale, e non potette allattarla appena nata, ma ci teneva molto e così accompagnai ogni sforzo e difficoltà che dovette superare per riuscirci. Lei cercò il gruppo di sostegno Luna di Latte, fatto di altre mamme che si aiutano a vicenda, e con il loro supporto riuscì ad allattare mia nipote per tutto il tempo che voleva. Diventò poi lei stessa una mamma sostenitrice dell’allattamento al seno.

Con molto più esperienza, rimasi incinta per la seconda volta, e nacque Alice. Sapevo già quali difficoltà avrei dovuto affrontare per evitare un altro allattamento non riuscito, e mi preparai meglio. Come Joao, anche lei piangeva molto e non prendeva peso. Il pediatra chiese di nuovo degli esami, ma anch’essi erano normali. Venne a trovarmi una volontaria di La Leche League. Lei controllò che l’attacco fosse corretto e che il latte uscisse in quantità sufficiente con la spremitura manuale: era tutto normale, quindi non riuscimmo a capire perché la bimba non prendeva peso.

Dovetti iniziare con l’aggiunta, ma anziché dare ad Alice il latte artificiale, noleggiai un tiralatte per integrare l’allattamento al seno con il mio stesso latte. Siccome però temevo che l’utilizzo del biberon potesse portare anche lei a rifiutare il seno, iniziai a utilizzare il SNS – Sistema di allattamento supplementare. Si tratta di un serbatoio da cui escono tubicini sottili e flessibili che poi vengono fissati ai capezzoli, in modo che il bambino si attacca al seno e contemporaneamente riceve il supplemento.

Ad ogni poppata provavo uno sforzo e una sofferenza non indifferenti: attaccarla in modo corretto facendo in modo che i tubicini non si spostassero dal capezzolo. Senza parlare del tempo necessario per tirare il latte dopo ogni poppata.

Cercavo delle alternative, quindi lessi molti articoli sulle difficoltà dell’allattamento al seno su internet. La cosa che mi colpì di più fu trovare online solo storie di allattamento riuscito. Superate tutte le difficoltà, tutte le madri riuscivano ad allattare i loro bambini. Non trovai nemmeno una testimonianza di un’allattamento non riuscito, e così mi sentii terribile, incapace, impotente e frustrata. Ricordo di essere andata in un consultorio, per controllare con un altro pediatra se c’era qualche disturbo che impediva ad Alice di prendere peso, e vidi un poster che mi lasciò un segno profondo. C’era l’immagine di una madre che allattava e la scritta: CHI AMA, ALLATTA! Fu come un coltello che mi tagliò il cuore in mille pezzi.

Scoprimmo che Alice iniziò a prendere peso con il SNS, mentre lo stesso non succedeva se si nutriva solo dal seno. E non si sapeva il perché. Il problema era che non potevo sempre uscire di casa con un tubetto di latte appeso al collo. Dopo un mese e mezzo, poiché questa situazione non si evolveva, dovetti dare l’aggiunta con il biberon, dal momento che dovevo fare i lavori di casa e soddisfare le esigenze del figlio più grande. Allo stesso modo, nel giro di pochi giorni, anche lei rifiutò il seno.

Il terzo figlio: ancora un tentativo

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Quando nacque Davi, tutte le infermiere del reparto maternità erano già al corrente della mia storia, e seguirono l’allattamento sin dalla prima poppata. Ancora questa volta assicuravano che l’attacco era corretto ed il latte c’era: tutto dimostrava che non ci sarebbero stati problemi. Ma anche lui ebbe un calo di peso oltre ai limiti accettabili. Noleggiai il tiralatte e questa volta, anziché il SNS, terribilmente difficile e scomodo anche per il bambino, iniziai a dare il latte utilizzando una siringa, ml per ml. Passato un mese e mezzo, non ci fu alcuna evoluzione, e la situazione si ripresentò. Se allattati al seno, i miei figli perdevano peso; se prendevano il mio latte in altro modo, crescevano. Consultai diversi pediatri e infermieri, che non riuscivano a capire il perchè. Inoltre, con il passare dei giorni, il latte spariva.

Non scoraggiare, ma trovare conforto

Condivido questa storia perchè questa esperienza mi fece sentire molto sola. Non trovavo nessuna mamma che condividesse storie di allattamento non riuscito. Nonostante gli sforzi o il desiderio, molte madri non riescono ad allattare, ma questo non ci rende “meno madri”. Soffrii per non esserci riuscita, e rifarei tutto perché una mamma vuole sempre dare il meglio ai propri figli, ma oggi, vedendo come stanno bene, mi rendo conto che avrei potuto affrontare tutta questa situazione in modo più leggero, con meno sensi di colpa e sofferenza.

Essere madre va oltre all’allattamento al seno. Il legame con i miei bambini fu ugualmente stabilito, perché ogni biberon fu dato con il più grande amore del mondo, tenendoli il mignolo, guardandoli negli occhi, sentendone l’odore… Loro sono belli e sani, e non sarebbero stati più o meno felici se li avessi allattato al seno.

ANCHE CHI NON ALLATTA AMA!

Marcia Braghiroli

Marcia Braghiroli

Marcia Braghiroli, 48 anni, giornalista. Ho conseguito la laurea in Scienze della comunicazione in Brasile. Sono anche mamma, consulente alla pari per l’allattamento e catechista. Ho sempre scritto con passione: imparare a farlo in italiano è stata la mia grande sfida, ma anche una bella soddisfazione.

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